Chiunque faccia o abbia fatto impresa in Italia, sa bene quanto sia complicato assolvere con diligenza e rettitudine agli sterminati adempimenti burocratici che lo Stato italiano pretende dall’imprenditore.
La multinazionale statunitense Catalent, aveva deciso di costruire ben otto bioreattori in provincia di Frosinone, per un investimento non inferiore ai 100 milioni di euro. Un progetto che però non è andato in porto a causa delle lunghe e complesse procedure burocratiche.
“Troppa burocrazia, troppe lungaggini… blocchiamo i nostri investimenti in Italia”, questa la frase pronunciata dal Ceo del colosso farmaceutico d’oltreoceano.
L’azienda farmaceutica ha così preferito virare sul Regno Unito e in particolare sull’Oxfordshire, dove ha trovato procedure più semplici e snelle.
Una decisione che ha lasciato l’amaro in bocca a molti e che tuttavia era ben prevedibile. Il nostro paese ha sempre avuto un vulnus strutturale chiamato “meritocrazia”.
Quando le selezioni del personale, le carriere, la scelta dei vertici istituzionali avvengono per demerito, ovvero per nepotismo, lobbismo, servilismo, apprezzamento dei vizi piuttosto che delle virtù, allora l’intera impalcatura strutturale dello Stato ne risente, comparto legislativo e burocratico incluso, e i risultati non possono essere che questi.